Non sono una mamma, no. Però ho una sorella che lo è. E, spesso, da quando è nato mio nipote, mi ha confidato dubbi sulla ‘gestione’ della quotidianità del bambino. In fondo nessuno ti insegna a diventare mamma, no?
Di fronte alle sue domande la mia risposta è sempre stata: ‘Cerca online, vedrai trovi qualcosa’! In assenza di un pediatra in famiglia e nel dubbio che i consigli della nostra mamma fossero un po’ eccessivi (diciamo così), bastava fare una semplice ricerca. In fondo questo è uno degli aspetti migliori dell’epoca delle reti e della conoscenza condivisa!
Sapendo che mia sorella non l’avrebbe fatto, spesso mi sono messa io stessa a navigare. È stato così che mi sono imbattuta nel chatbot di Fissan e da lì sono diventata … una fonte attendibile 🙂 A parte la conquista di autorevolezza nel perimetro familiare, ho continuato ad approfondire questo tema di cui mi era già capitato di leggere con interesse e curiosità.
Prima di parlarti della mia esperienza – lo farò un’altra volta, più avanti – mi piacerebbe partire dall’alfa, diciamo.
Cosa sono i chatbot? Magari ne hai sentito parlare, magari no. Sono convinta, però, che dopo aver finito di leggere ne vorrai sapere di più (a tua disposizione!).
Cosa è un chatbot
Chatbot è un termine che potremmo definire user friendly; unisce due parole, chat e bot, lasciandoci intuire il suo significato. Come ci suggerisce la prima, si tratta di uno strumento di conversazione tra una persona e una macchina – un ro-bot appunto. Il primo domanda, l’altro risponde.
E’ quindi un programma che simula uno scambio di informazioni attraverso un’interfaccia di chat ed è alimentato da regole e talvolta da intelligenza artificiale. Presupposto per una buona riuscita dell’interazione è la condivisione del codice linguistico (non della lingua!).
Adesso che hai una definizione, mi chiederai: ma dove posso vedere un chatbot per farmi un’idea? Poiché l’interazione con un chatbot inizia con un messaggio, naturalmente lo trovi sicuramente dove c’è una chat! Ad esempio all’interno di Facebook Messenger, di Whatsapp, o di Telegram, tutte applicazioni di messaggistica.
Quindi se un’azienda è presente su almeno uno di questi canali significa che ha sviluppato un chatbot? Non necessariamente. Scegliere di seguire nuovi percorsi è un’opzione che richiede fiducia nel progresso, coraggio, tempo e disponibilità di risorse. Perciò la tua ricerca potrebbe essere meno veloce di quel che pensi.
Ma voglio aiutarti: condivido un video e ti propongo un esempio, in modo da farti risparmiare tempo e da lasciarti intuire velocemente tutte le potenzialità dello strumento. In alternativa, se avessi fretta consulta questo elenco.
Con il primo vorrei farti immaginare i vantaggi che un’azienda può ricavare dalla decisione di dotarsi di questo strumento, soprattutto in relazione al rapporto con il suo cliente, il suo lead o prospect. Con il secondo vorrei mostrarti l’utilità del chatbot dal punto di vista dell’utente alla ricerca di qualcosa online.
Chatbot: il customer care si rafforza
Nel video qui sotto David Marcus, il vice presidente di Facebook per i prodotti di messaggistica, più di un anno fa spiegava come sarebbe potuta essere l’esperienza di acquisto di un paio di scarpe all’interno di un chatbot di Facebook Messenger.
Un’esperienza diversa da quella di pochi anni fa, ridisegnata sulla base dell’esigenze dell’utente di orientarsi funzionalmente nel mare di informazioni che incontra durante la sua navigazione. Guarda tu stesso per capire meglio.
Alla luce di questo video è facile intuire come l’impiego dei chatbot possa rivelarsi utile per la ricerca funzionale dell’utente, ma anche per alcuni obiettivi aziendali.
Uno di questi potrebbe essere dare maggiore continuità e qualità all’assistenza al cliente. Un utente, ad esempio, potrebbe non aver voglia di leggere la pagina di F.A.Q. che hai preparato, ma potrebbe essere contento di poter scrivere via Messenger al tuo bot e ricevere velocemente la risposta che cerca. Garantiresti così un’assistenza h24, comprese feste ed altre ricorrenze, e gli daresti un motivo in più per fidelizzarsi.
Potresti anche decidere di sviluppare un chatbot per condividere tempestivamente novità commerciali (l’uscita di un nuovo prodotto) o informazioni interessanti per un certo gruppo di utenti. Non è certo fantascienza! Oggi, infatti, sembra che le persone passino il loro tempo più sulle applicazioni di messaggistica di quanto non ne trascorrano sui social network.
Business Insider UK ci dice infatti che dalla fine del 2015 le Top 4 app di messaggistica istantanea hanno superato i Top 4 Social Media in termini di utenti attivi al mese.
Inoltre l’idea di stabilire rapporti (quasi) umani con una macchina non nasce oggi; ha origini nel passato. Nel 1966, ad esempio, Joseph Weizenbaum programmò un bot, Eliza, capace di emulare un terapeuta rogersiano disponibile per qualunque paziente virtuale. Una terapia light, diciamo, condotta con domande ottenute dalla riformulazione delle affermazioni dell’interlocutore. Prova tu stesso!
Alla luce di quanto detto sopra, se stai rivisitando la tua strategia di presenza digitale per ampliare le tue possibilità, ti consigliamo di prendere in considerazione anche questa possibilità e di parlarne con noi.
Il chatbot: quello che ti serve, diretto e veloce
Veniamo al caso pratico. E’ venerdì e sei su Messanger a chattare con la tua amica per programmare il weekend al mare. Tuo padre ti ha detto di aver sentito che le previsioni meteo preannunciano pioggia e vuoi verificare. Dato che sei lì, provi a scrivere un messaggio a meteo.it per vedere che accade.
Appena aperta una chat con meteo.it vedrai comparire in basso un pulsante con scritto ‘Inizia’. Ecco, hai trovato il tuo chatbot! Facendo clic, riceverai un messaggio chatbot che si presenterà come tale e si proporrà di aiutarti nella ricerca.
Certo, se sei lì, ovviamente hai bisogno di previsioni meteorologiche. Ma per quando?
Definito quando, è il dove che conta! Ti sarà chiesto di specificare la località di cui ti interessa conoscere le condizioni climatiche.
Arrivati a questo bivio possono capitarti due cose: il chatbot non capisce la tua domanda. Tranquillo/a, non sarà scortese!
La seconda: il chatbot ti fornisce la risposta alla tua richiesta.
Sono possibili conversazioni libere con i chatbot?
Prendiamo il caso di prima. Potresti dirmi: io non voglio seguire la conversazione secondo le linee guida tracciate dal chatbot. Non voglio muovermi di clic in clic. Voglio scrivere le mie domande, come mi vengono. Il chtabot sarebbe in grado di venirmi incontro allo stesso modo? Risposta affermativa.
Sì ma se volessi qualcosa di più? Iniziamo a vacillare.
Ad un’affermazione che esula dalla missione dichiarata del brand meteo.it – la condivisione di uno stato emotivo – il sistema in questione non fornisce risposte.
Questo accade perché il chatbot è pensato come un diagramma-funzionale. Laddove il quesito non rientra nei flussi standard analizzati, mappati e ricostruiti, lo scambio si blocca. E’ come in una conversazione tra persone che parlano una lingua diversa. Quando non capisci è facile fare scena muta!
Questo non significa che meteo.it non possa in futuro decidere di trasformare il proprio bot in schema-free, cioè capace di interpretare la necessità grazie ad un meccanismo di auto-apprendimento proprio della macchina. Riuscirebbe, ad esempio, non solo a soddisfare richieste base come la domanda di previsioni meteo, ma potrebbe spingersi oltre.
Tipologie di chatbot. Come lavorano
A questo punto mi dirai: ma come fanno i chatbot a sapere come parlare alle persone e cosa rispondere?
La risposta ha a che fare con l’intelligenza artificiale. Ci sono infatti due tipi di servizio, uno programmato su una base di di regole e l’altro più avanzato incentrato sulla capacità di apprendimento della macchina. Vediamoli.
Il chatbot che funziona in base alle regole è diagramma-funzionale, ovvero limitato. Risponde solo a comandi molto specifici, che sono stati analizzati, ricostruiti e organizzati. Se dici la cosa sbagliata, non ti segue. Ti ricordi meteo.it come rispondeva alla mia affermazione: ‘sono stanca’?
Il chatbot che funziona utilizzando l’apprendimento macchina, invece, ha un cervello artificiale, conosciuto come intelligenza artificiale. Capisce la tua lingua, non solo i comandi. Questo bot diventa sempre più intelligente mano a mano che acquisisce esperienza, perché impara dalle conversazioni che ha con le persone.
In questa direzione va Google Cloud Natural Language, l‘API con cui Google consente di analizzare il linguaggio naturale delle persone e di interpretare facilmente la struttura e il significato di un testo.
Attraverso la sentiment analysis (la comprensione del sentiment complessivo di un testo); la entity recognition (l’identificazione degli elementi più rilevanti di un testo e la classificazione con diverse etichette, per esempio persone, aziende, luoghi, eventi, prodotti e media) e la syntax analysis (l’individuazione delle parti del discorso e la creazione di una struttura ad albero che mette in relazione le frasi per ottenere la struttura e il significato di un testo), Google rende i bot potenzialmente sempre più intelligenti.
E’ con questo tipo di macchine che dovremo fare i conti, perché diventeranno sempre più parte della nostra vita (nel frattempo se vuoi divertirti – o impaurirti – a vedere quanto il tuo lavoro in futuro sarà messo a rischio dall’intelligenza artificiale, prova a fare questo gioco).
A questo punto speriamo di averti incuriosito. Prossimamente torneremo a parlare di questo tema. Nel frattempo come sempre siamo qua per ascoltarti. Se hai osservazioni, segnalazioni o commenti siamo lieti di riceverli!